Attilio vive
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"L'ingiustizia in qualsiasi luogo è una minaccia alla giustizia ovunque" (M.L.King)

L'iter processuale

Il 7 dicembre 2010 con l'udienza preliminare, ed il 2 febbraio 2011 con la prima udienza in Corte d'Assise, si è aperto il processo ai danni del presunto esecutore materiale e dei presunti mandanti dell'omicidio di Attilio. Dare conto delle udienze è uno dei modi per stare vicino a Natalìa, Rita e Maria.

Verità e Giustizia per Attilio: seconda sentenza d'Appello

Lunedì scorso, 11 novembre 2019, la Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha condannato alla pena dell’ergastolo Marco Di Lauro, arrestato nel marzo scorso dopo 14 anni di latitanza, come mandante dell’omicidio di Attilio. Il 18 giugno 2015 la Corte di Cassazione aveva disposto il rinvio a giudizio in Corte d’Appello del Di Lauro (già condannato all’ergastolo nella prima sentenza d’Appello). Alla lettura della sentenza erano presenti Rita Carfora e Maria Romanò rispettivamente madre e sorella di Attilio, Bruno Vallefuoco, papà di Alberto (ucciso dalla camorra per uno scambio di persona il 20 luglio 1998), Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo (uccisa da un proiettile vagante durante un agguato di camorra l’11 giugno 1997) e Assessore al Comune di Napoli, Tiziana Apicella della fonazione Polis.   Oltre 4 anni sono passati da quel rinvio e quasi 9 anni dalla prima udienza preliminare. Anni durante i quali Rita, Maria e Natalia Aprile (moglie di Attilio) hanno continuato, con tenacia e dignità, a seguire il lungo iter processuale e a chiedere giustizia per Attilio.
“Questa sentenza non ci restituisce Attilio, ma ci dimostra che la giustizia c’è. Ed è utile anche per i giovani che devono capire a cosa portano le scelte sbagliate”. Queste le parole con cui Maria ha commentato la sentenza.

Verità e Giustizia per Attilio: sentenza di Cassazione

Ieri (18/06/15) la Suprema Corte di Cassazione ha emesso la sentenza relativa al processo relativo all'omicidio di Attilio. Riportiamo di seguito il resoconto della giornata a cura del sito della fondazione Pol.i.s (www.fondazionepolis.regione.campania.it):
La Suprema Corte di Cassazione presso la prima sezione penale del Tribunale di Roma (Presidente Cortese, dott.ssa Boni consigliere relatrice; dr Bonito, dr Sandrini, dr Rocchi. Procuratore generale Roberto Aniello) ha confermato la condanna all'ergastolo per Mario Buono, ritenuto l'esecutore materiale dell'omicidio di Attilio Romanò, vittima innocente di camorra, ucciso il 24 gennaio 2005 in un negozio di telefonia a Capodimonte nel pieno della prima faida di Scampia. Disposto il rinvio a giudizio in Corte d'Appello per Marco Di Lauro, considerato il mandante dell'agguato. Presenti in Aula, al momento della lettura della sentenza, i familiari della vittima (la mamma Rita Carfora, la moglie Natalia Aprile, la sorella Maria Romanò), l'avvocato di parte civile della famiglia Paolo De Angelis, l'avvocato di parte civile della Regione Campania Alba Di Lascio, delegata dall'avv. Anna Gulli, Susy Cimminiello, sorella di Gianluca, anch'egli vittima innocente della criminalità, in rappresentanza del Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti della criminalità, Geppino Fiorenza e Tiziana Apicella, rispettivamente presidente del Comitato Scientifico e responsabile dell'Area Vittime della Fondazione Polis della Regione Campania, una delegazione di Libera, con il referente regionale del Lazio Ferdinando Marcello Secchi e alcuni volontari.
"Apprendiamo con favore la condanna definitiva all'ergastolo per l'esecutore materiale dell'omicidio Romanò e attendiamo che la giustizia completi il suo iter, ribadendo tutta la nostra vicinanza e il nostro sostegno ai familiari di Attilio ", afferma la Fondazione Polis.
Il cammino di verità e giustizia non è ancora concluso, dunque. Continueremo a percorrerlo insieme.


Giustizia per Attilio: sentenza di primo grado

La Terza Corte di Assise ha condannato oggi all'ergastolo Mario Buono e Marco Di Lauro per l'omicidio di Attilio Romanò, vittima innocente della faida di Scampia, ucciso il 24 gennaio 2005.
Assolto invece Cosimo Di Lauro per non aver commesso il fatto.
La sentenza ha disposto il rinvio del risarcimento dei danni in sede civile, prevedendo una provvisionale di 100 mila euro per i familiari della vittima e di 20 mila euro per la Regione Campania, parte civile nel processo.
Accanto alla Famiglia, la Fondazione Pol.i.s., il Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti della criminalità e l'associazione Libera.

Per Rita e Maria Romanò, la mamma e la sorella di Attilio, che hanno seguito l'iter giudiziario con grande forza e coraggio, si è giunti oggi ad un primo risultato. Dopo sette lunghi anni finalmente chi ha deciso di farsi giustizia attraverso l'arma della vendetta e della faida uccidendo un innocente  è stato inchiodato alle proprie responsabilità.  La verità processuale che è anche verità etica è stata consegnata alla famiglia.
Un percorso lungo, ma non ancora terminato. Assolto per non aver commesso il fatto Cosimo Di Lauro, il capo clan. L'uomo della guerra di Scampia. L'uomo delle decisioni.
Altra strada c'è da percorrere per Attilio e per tutte le vittime  innocenti delle mafie e della criminalità e, come il “giovane gigante buono” scriveva in una sua poesia,  solo  “con  lo sguardo deciso vivrà il cammino”.
T.A.

Giustizia per Attilio: undicesima udienza

Oggi, presso la Terza Corte di Assise di Appello del Tribunale di Napoli, il Pubblico Ministero  Stefania Castaldi ha delineato con estrema chiarezza e lucidità il quadro probatorio della vicenda che nel gennaio 2005, nel mezzo della faida di Scampia, ha determinato la morte di  Attilio Romanò che con i Di Lauro e con gli scissionisti non aveva nulla a che spartire.

Presidente Carlo Spagna e giudice a latere Salvatore Dovere.

Attilio Romanò, 29 anni, incensurato, è stato ucciso il 24 gennaio 2005 in un negozio di telefonia a Capodimonte, dove lavorava come esperto di informatica. Il vero obiettivo dell'agguato era il co-gestore del negozio, Salvatore Luise, nipote del boss Salvatore Pariante, legato al clan degli scissionisti.


Il Pubblico Ministero si sofferma innanzitutto su Attilio, sottolineando come questo processo spieghi come un innocente possa morire e come sia responsabilità etica di chi procede dover rispondere al bisogno di verità e giustizia dei parenti delle vittime.

Sottolinea ancora come ci sia stato un vuoto di attenzione sia da parte della società civile che delle forze investigative e della stessa procura, se si pensa al fatto che solo nel 2002 si è avuto il primo ordine di cattura per Paolo Di Lauro -  il capo clan (al quale poi succede il figlio Cosimo) -  che è stato ospite fin dagli anni 70' presso la residenza del clan legato a Cosa Nostra dei Nuvoletta, dedicandosi ai più eterogenei traffici illeciti. Un vuoto culturale e investigativo che avrebbe creato una vera e propria guerra etnica che ha determinato, durante la faida, l'omicidio di 74  persone, violenza efferata  e  incendi di case.

Ed è proprio in questo periodo che rimangono uccise persone che con la camorra non c'entrano niente. Vittime innocenti.

Il PM Stefania Castaldi sottolinea come i Pariante vivessero con i proventi del clan. Sulla strada del negozio di telefonia c'erano una serie di negozi appartenenti a questa famiglia,  affiliata inizialmente al clan Di Lauro e poi passata agli scissionisti. Al civico 24 era sito il negozio di Luise Salvatore, la vittima predestinata perché nipote del boss Salvatore Pariante.

Attilio lavorava in quel negozio. Dalle parole di Luise Salvatore si capisce bene perché Attilio si trovasse lì quel giorno: “Attilio Romanò era un bravissimo ragazzo, molto bravo in informatica  per questo gli avevo chiesto di lavorare per me al negozio”. Attilio dal canto suo, afferma con forza il Pubblico Ministero, era un ragazzo che credeva in una Napoli diversa, fatta di persone oneste perché lui era una ragazzo onesto, dalla grande sensibilità e intelligenza.

Il Pubblico Ministero si sofferma, subito dopo, sulla strutturazione del clan Di Lauro,  evidenziando una struttura estremamente gerarchizzata e compartimentata, un'organizzazione di tipo terroristico capace attraverso le scelte del direttorio di influenzare la vita di un intero territorio.

Difatti alla domanda fatta a tutti i collaboratori di giustizia orientata a comprendere da chi fosse partito l'ordine affinché si compisse quel delitto a Capodimonte,  tutti rimangono stupiti. L'unico a dare ordini era lui, Cosimo Di Lauro. Il fratello Marco subentrò quale capo all’ arresto di Cosimo..

Lombardi, appartenente al gruppo di fuoco dei Di Lauro, ha avuto così l'incarico di organizzare l'omicidio di Salvatore Luise da Ciro Maisto, altro uomo del clan, che ha ricevuto per tramite di Marco Di Lauro, l'ordine di Cosimo Di Lauro. La strategia di Cosimo Di Lauro era quella di fare terra bruciata. Uccidere tutti quelli che erano passati dall'altro lato e bruciare le case abbandonate dagli scissionisti.

Gli appartenenti al clan si vedevano in un appartamento alle spalle del bar Rispoli di Secondigliano, base decisionale e operativa del clan,  e lì si stabiliva il da farsi. È in quell'occasione che si fa riferimento ad un bigliettino in cui ci sono una serie di nomi di persone da eliminare. Bigliettino predisposto da Cosimo Di Lauro che sarà visto, secondo le testimonianze, solo da Carmine Capasso, altro uomo del gruppo di fuoco.

A quel punto le persone che dovevano compiere l'omicidio erano stabilite, si tratta di Mario Buono, esecutore materiale e Vincenzo Lombardi autista del motorino .“Pino Pino” nella persona di Giuseppe Valerio sembra essere colui che compì il sopralluogo per accertarsi della presenza del Luise nel negozio dal momento che era l’ unico a conoscerne il volto.

I due killer (Buono e Lombardi) fermi al civico 22 per un sopralluogo volto ad accertare la presenza di telecamere, dal momento che di fronte al negozio era presente una banca, vennero riconosciuti anche da una volante della Polizia che stava pattugliando quella strada, ma che non poté fermarsi a causa del flusso di traffico presente sulla strada.

Ma tra il primo sopralluogo e l'azione omicida accade qualcosa. Luise si allontanò, si recò presso l'altro negozietto che stava aprendo e al civico 24 rimase solo Attilio. Mario Buono non conoscendo il volto del suo obiettivo, sparò sull'unica persona presente nel negozio, Attilio Romanò. Quando la pattuglia riuscì a tornare indietro era ormai troppo tardi.

Solo 15 minuti di tempo da un sopralluogo all'altro e si compie l'irreparabile. Si colpisce un giovane ragazzo che con il mondo del clan, delle faide, del sangue e delle vendette non c'entra niente.

Tutta la dinamica ripercorsa passo dopo passo dal Pubblico Ministero è finalizzata a dimostrare il concorso di più persone nell'omicidio Romanò.

Nel clan Di Lauro c'era spazio di autonomia decisionale. Così il pubblico  Ministero, così come l'avvocato della Regione Campania, l'avvocato Ferrari, e l'avvocato del comune di Napoli, avv. Speranza, costituitesi parte civile nel processo, sottolineano la penale responsabilità dei due fratelli: Cosimo e Marco Di Lauro, escludendo la possibilità di violare il principio costituzionale della personale responsabilità della pena.

Il Pubblico Ministero vuole consegnare la verità processuale alla famiglia Romanò che è anche verità etica ed è per questo che chiede l'ergastolo per Cosimo e Marco Di lauro e per il killer Mario Buono per concorso di responsabilità.

L'avvocato De Angelis, legale rappresentante della famiglia Romanò,(a costituirsi parte civile nel processo la sorella Maria, la mamma Rita e la giovane moglie di Attilio Natalia Aprile), nel prendere la parola riporta le parole di Rita, la mamma di Attilio: “ Io sono qui con fatica, ma non posso abbandonare mio figlio. Lui avrebbe fatto la stessa cosa per me”.
 
Attilio, sposato da pochissimi mesi, era chiamato “Il gigante buono”, aveva un grande senso della giustizia e della legalità.  La perdita di Attilio è stata per tutti una tragedia, un dolore infinito, ma ciononostante la famiglia non ha perso la fiducia nella verità e nella giustizia. Il caso inizialmente archiviato è stato riaperto da circa un anno e mezzo perché alcuni collaboratori hanno permesso di fare luce sulla vicenda. Dall'omicidio di Attilio sono passati 7 anni e finalmente ora si è giunti all'accertamento della verità processuale. Oggi si sa chi furono i mandanti e chi fu l'esecutore materiale del delitto.

L'avvocato De Angelis chiede, così come il Pubblico Ministero, tre ergastoli.

Presenti al processo, come ad ogni udienza, la sorella di Attilio e la Mamma Rita. Al loro fianco il coordinamento dei familiari delle vittime innocenti e la Fondazione Pol.i.s. della Regione Campania.
 
In Maria e in Rita c'è una grande forza. In loro, sicuramente un turbamento implacabile e una ferita mai rimarginata, ma è chiaro ed evidente per chi le guarda con attenzione e con affetto, che nei loro occhi, nella loro determinazione in vista della giustizia, c'è una fonte inconfondibile che alimenta  le loro vite, lo stesso carburante che ha alimentato la vita di Attilio, così come dice in una lettera che ha lasciato: “continuerò a vivere con l’unico carburante che conosco: l’ Amore!”.

Il 30 aprile presso il tribunale di Napoli saranno gli avvocati degli imputati a discutere. La sentenza di primo grado è prevista per il 2 maggio.


Tiziana Apicella

Giustizia per Attilio....atto quarto

Riportiamo integralmente il resoconto di Maria Romanò, sorella di Attilio, sulla quarta udienza del processo per l’omicidio di suo fratello. Lo facciamo davvero con gratitudine e con affetto. Chi non ha provato sulla propria pelle la perdita di un proprio caro per mano della violenza criminale, non può capirla fino in fondo. Però in questi anni abbiamo imparato a conoscere  bene quanto sia faticosa e dolorosa per i famigliari la ricostruzione, la rielaborazione e la narrazione della loro esperienza, quanto travagliata sia la ricerca paziente e tenace di Verità e Giustizia. Allora grazie, Maria. Di cuore. Questa tua restituzione non è un pezzo di cronaca giudiziaria. E’ una testimonianza di coraggio e di amore. E’ un seme di speranza che non disperderemo.

Caro Simone ti sintetizzo quanto ascoltato nell’ultima udienza sperando di essere chiara. Ti assicuro che per me non è facile descrivere quanto dicono con tanta freddezza e cinismo quasi stessero parlando di oggetti! Per fortuna non siamo mai soli! Ci siete voi e tanti amici che con il loro affetto ci aiutano a trovare la forza di andare avanti! Con me e mamma sono stati anche Alessandra Clemente (figlia di Silvia Ruotolo) e Alfredo Avella (papà di Paolino) che con il loro calore ci hanno reso quei momenti più sopportabili.
Mercoledi 18 maggio si è tenuta la quarta udienza del processo a carico di Mario Buono, Cosimo e Marco Di Lauro per l’ omicidio di Attilio.
L’ udienza ha avuto inizio con la richiesta di una relazione sanitaria per Cosimo Di Lauro detenuto in regime di 41-bis nel carcere dell’ Aquila per le sue preoccupanti condizioni di salute e con l’ annullamento dell’ ordinanza di custodia cautelare per il fratello Marco.
Sono stati ascoltati i collaboratori di giustizia Prestieri Antonio e Pica Antonio affiliati del clan Prestieri ed alleati dei Di Lauro all’epoca dei fatti.
Il primo ad essere interrogato è stato Prestieri il quale ha riferito di un incontro avvenuto tra il 22 ed il 23 Gennaio 2005 con Marco Di Lauro subito dopo l’ arresto di Cosimo avvenuto il 21 gennaio; Marco pare abbia fatto presente il desiderio di distogliere l’ attenzione avuta dal fratello per i numerosi omicidi di quel periodo chiedendo ai Prestieri di provvedere loro ad eliminare qualche scissionista o il nipote di uno di questi che aveva un negozio alle cosiddette “quattro vie”. A tale richiesta i Prestieri fecero orecchie da mercante in quanto non condividevano la linea omicida dei Di Lauro desiderosi di vendetta ad ogni costo e quindi uccidendo anche parenti prossimi o meno degli scissionisti. Il Prestieri riferisce che quando seppe dell’ omicidio capì che a commetterlo erano stati i Di Lauro ma solo in un secondo tempo seppero dell’ errore non conoscendo affatto il nome di Attilio . Inoltre Prestieri riferisce sulle motivazioni della sua collaborazione imputandola al fatto di avere un figlio maschio e di desiderare un futuro diverso per lui e soprattutto fuori dai clan!
La seconda interrogazione è stata per Pica il quale ha confermato la versione del cugino puntualizzando che lui non era presente all’incontro con Marco ma riferiva quanto appreso dal racconto del cugino al suo ritorno.
La prossima udienza è fissata per il 22 giugno.
Un caro abbraccio a voi tutti !

Ricordare, ricordare, ricordare….

Il 2 febbraio si è svolta la prima udienza  in Corte d’Assise del processo per la morte di Attilio Romanò, vittima innocente di camorra, ucciso il 24 gennaio 2005.

Riportiamo di seguito le emozioni  e le sensazioni di Stella, che ha rappresentato il nostro presidio, dedicato alla memoria di Attilio, all’udienza.
Ricordare, ricordare, ricordare … per tutta la giornata del 2 febbraio abbiamo ricordato e siamo stati costretti a ricordare.  Ricordare la barbara morte di Attilio con l’apertura del processo che ha visto come imputati Mario Buono, esecutore materiale,  definito da Rita, mamma di Attilio, “un leone in gabbia”, e come mandanti Cosimo Di Lauro, presente in videoconferenza dal carcere in cui è detenuto attualmente, insieme a Marco Di Lauro, latitante.
INNOCENTE ASSOLUTO, questa è la parola che riecheggia in aula con forza,  rabbia e quasi impotenza, dalle parole del Pm Stefania Castaldi, un innocente contro il quale si è accanito un ragazzo appena ventenne che in quell’omicidio aveva visto il suo battesimo di mafia, ignaro di essere stato, invece, solo una pedina in un gioco mortale che in pochi mesi ha visto ammazzati  70 persone fra uomini e donne.
Insieme a Rita e Maria, sorella di Attilio,  hanno chiesto la costituzione parte civile la Regione e il Comune di Napoli, perchè la camorra, come tutte le mafie,  è  un DANNO alla cittadinanza tutta.
Il ricordo di Attilio mi ha accompagnato fuori dal tribunale, tra le vie di Napoli, a casa di Maria e al ritorno a Torino. Immagini, video, che raccontano di un ragazzo che esprimeva il suo amore per la vita nei vari modi in cui la sua eclettica personalità glielo permetteva : canto, musica, recitazione, collezionismo, poesia, giornalismo … un uragano di vitalità, di idee, di energia che propria la sua adorata Napoli ha portato via per sempre.
Alla famiglia Romanò dico grazie per avermi regalato i loro ricordi del loro Attilio.
Insieme attendiamo solo Verità e Giustizia lasciandoci accompagnare dalle parole di Attilio: “Continuerò a vivere con l’unico carburante che conosco: l’ Amore!”.


Verità e Giustizia per Attilio: la sentenza del processo d'Appello

 Napoli, 26/02/2014
"Non posso negare che quando ho appreso la notizia dell'omicidio Romano' come cittadino ne sono rimasto sconvolto ed esprimo solidarietà alla famiglia, ma come avvocato non posso non dire che questa storia cosi assurda non deve condizionare il giudizio della corte."
 Cosi ha inizio l'ultima udienza del processo di appello e queste sono le parole con cui l'avvocato difensore di Marco Di Lauro inizia la sua arringa.
Ma facciamo un passo indietro Attilio Romano' e' una vittima innocente della guerra di camorra scoppiata a fine 2004 tra i Di Lauro e l'ala degli scissionisti guidata da Raffaele Amato e Cesare Pagano.
Prove: il quadro indiziario e' granitico e poggia sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia del clan Di Lauro. Uno di loro e' Vincenzo Lombardi che guidava lo scooter in sella al quale Mario Buono raggiunse la rivendita di telefonia mobile dove Attilio trova la morte. Poi c'e' Carlo Capasso presente al conferimento dell'incarico omicidiario e che successivamente ha assistito alla partenza dei due esecutori. Secondo le loro dichiarazioni Marco Di Lauro (qualche giorno dopo l'arresto del fratello Cosimo Di Lauro) ha impartito l'ordine di morte per Salvatore Luise nipote del boss scissionista Rosario Pariante e Mario Buono ha eseguito la direttiva (sbagliando pero' obiettivo e uccidendo un ragazzo innocente). Quel giorno Salvatore non era in negozio, ma era presente solo Attilio era il 24 gennaio 2005, il suo ultimo giorno.
Contraddizioni: durante le udienze di appello gli avvocati hanno più volte spiegato che Lombardi e' scivolato su fatti rilevanti e non puo' essere considerato un collaboratore attendibile, il più importante dei quali e' il luogo in cui sono state fornite le direttive per l'omicidio. La difesa ha avanzato il sospetto che Lombardi abbia corretto il tiro (modificando il luogo prima un bar poi una casa) dopo aver letto sui giornali le dichiarazioni di Capasso che si era pentito prima di lui. Secondo il sostituto procuratore invece, i particolari riferiti da Lombardi combaciano con quelli riferiti da un testimone oculare che vide il killer uscire dal negozio in cui si consumo' il delitto. Quindi le dichiarazioni di Lombardi e Capasso sono considerate inattaccabili quando accusano Mario Buono.
Nell'udienza del 5 febbraio avviene la discussione degli avvocati di parte civile (legali della Regione e del Comune di Napoli che hanno presentato una memoria difensiva nella quale sottolineano il danno arrecato all'immagine della citta' e della Regione a causa di questo omicidio) seguita dalle conclusioni dell'avvocato della famiglia Romano' che chiede la conferma dell'ergastolo per entrambi gli imputati.
Il 12 febbraio udienza in cui vengono ascoltati gli avvocati del collegio difensivo.
Fino ad arrivare al 26 febbraio alla sentenza di appello.
Durante tutta l'arringa l'avvocato difensore cerca di far nascere dubbi alla corte circa la colpevolezza di Marco Di Lauro, sostenendo che non esisterebbero prove del fatto che sia stato lui a commissionare l'omicidio. Si cerca di mettere in dubbio il suo ruolo come mandante.
A questo punto la corte si ritira per deliberare e durante le due ore di attesa, che sono sembrate eterne, le emozioni erano davvero intense. Maria la sorella di Attilio ammette che l'avvocato e' stato talmente bravo da aver quasi convinto anche lei, la madre Rita aggiunge che la camorra e' come la gramigna più la strappi e più cresce e si ramifica. 120 minuti in cui la tensione aumentava insieme alla paura di non aver giustizia. Sara' pur vero che chiunque ha diritto a ricevere un giusto processo e soprattutto di avere una difesa adeguata, l'avvocato e' stato davvero bravo il dubbio lo ha instillato. Credo pero' che non si dovrebbe mai dimenticare, anche all'interno di un'aula di tribunale in cui si discute della morte di una persona la cui unica colpa e' quella di essersi trovato nel posto sbagliato al momento  sbagliato, la presenta dei familiari. Il dolore e' qualcosa che non si puo' spiegare a parole, lo si puo' sentire ascoltando la voce rotta dall'emozione, lo si puo' vedere negli occhi delle persone che hanno amato profondamente Attilio. Per questo dolore bisognerebbe avere maggiore rispetto.
La corte rientra confermando la sentenza del processo di primo grado, quindi entrambi gli ergastoli.
Adesso attendiamo la Cassazione, il terzo e ultimo grado di giudizio.
Nel frattempo mi auguro che Marco Di Lauro, latitante dal 2005, possa essere trovato e pagare per suoi reati. Ma soprattutto che quella gramigna possa essere sostituita presto da distese di fiori gialli, i preferiti di Attilio, e che quel colore e quel calore possa accarezzare il volto dei suoi familiari e lenire, se pur di poco, il profondo dolore.
Il lavoro nobilita l'uomo, questo lo si sente sempre ma sara' vero? Varra' per tutte le professioni? Io ho qualche dubbio ma di una cosa sono certa: il mio e' un lavoro prezioso che mi porta ad accompagnare persone speciali lungo un cammino difficile, persone che riescono sempre a donarmi tanto, a donarmi il cuore anche se gravemente ferito. Questo mi nobilita e mi rende libera.

Giustizia per Attilio: decima udienza

Il 2 aprile scorso si è svolta la decima udienza a carico di Mario Buono, Cosimo e Marco Di Lauro per l’omicidio di Attilio.
I testimoni chiamati dalla difesa si sono avvalsi della facoltà di non rispondere o hanno dato indicazioni non rilevanti ai fini del processo.
Il collaboratore Vincenzo Lombardi invece conferma la dinamica dei fatti: lui insieme a Mario Buono faranno un sopralluogo nel posto anche per la presenza di telecamere poste nella banca di fronte al negozio.
Il Lombardi inoltre riferisce che una macchina li accompagnerà per il trasporto delle armi disponedo la stessa di un nascondiglio segreto.
Solo molte ore dopo l'omicidio Lombardi e Buono sapranno di non aver ucciso il vero bersaglio ossia il nipote di Pariante.
Inoltre, stando sempre alle dichiarazioni del collaboratore, l'ordine dell'omicidio è stato dato da Maisto Giuseppe, appartenente al gruppo di fuoco dei Di Lauro, il quale a sua volta avrebbe seguito le indicazioni di Marco Di Lauro che disponeva di un biglietto scritto dal fratello Cosimo in cui vi era la lista "nera" delle varie esecuzioni. Tale bigliettino, però, non è mai stato trovato.

La sentenza di primo grado è prevista il 2 Maggio.


Giustizia per Attilio: nona udienza

Dopo alcuni rinvii, il 13 ed il 15 febbraio si sono celebrate 2 udienze del processo a carico di Mario Buono, Cosimo e Marco Di Lauro per l’omicidio di Attilio.
Di seguito il resoconto di Maria, sorella di Attilio, relativo all’udienza del 15 febbraio, raccolto telefonicamente da Stella:


Sentiti alcuni testimoni, (nominati da altri collaboratori) al momento in carcere per altri reati, che si sono però avvalsi della facoltà di non rispondere.
Interrogato anche Vincenzo Di Lauro, fratello di Marco e già detenuto per altri processi, sentito in quanto persona informata sui fatti il quale però non ha dato informazioni esaurienti limitandosi a negare qualsiasi implicazione. Determinante potrebbe essere, invece, il nuovo pentito Vincenzo Lombardi, alla guida del motorino che porterà l'assassino sul posto il giorno dell'agguato. Verrà ascoltato la prossima udienza insieme ad altri testimoni fra cui il cameriere che pochi minuti prima dell'omicidio porterà il caffè ad Attilio, importante soprattutto al fine di ricostruire la tempistica dei fatti.
Prossima udienza: 2/4/12.

Giustizia per Attilio...atto settimo

Il 23 Novembre si è svolta la settima udienza a carico di Mario Buono, Cosimo e Marco Di Lauro per l’omicidio di Attilio.
All’ udienza sono stati ascoltati i collaboratori di giustizia Cerrato Carmine ed Esposito Biagio ed infine il maresciallo dei Carabinieri Lazzari che ha ricevuto delega dal pubblico ministero Stefania Castaldi nelle indagini a riscontro tra il collaboratore Capasso e l’ omicidio di Attilio.
I due collaboratori hanno ben definito le dinamiche della scissione dai Di Lauro ed hanno posto entrambi l’attenzione sulla sete di potere di Cosimo e sulla sua personalità “guerrigliera” al punto di non voler contrattare alcuna separazione diplomatica di alcuni gruppi poi riunitisi nei cosiddetti scissionisti.
I due all’epoca dei fatti erano tra gli scissionisti e pertanto le loro informazioni non sono state dirette ma riferite da terzi.
Inoltre sono state acquisite le dichiarazioni del pentito Misso Giuseppe.
La prossima udienza è fissata per il 12 Dicembre.


Maria Romanò

Giustizia per Attilio...atto sesto

Mercoledì 19/10 si è svolta la sesta udienza a carico di Mario Buono, Cosimo e Marco Di Lauro per l’omicidio di Attilio.

Udienza “interlocutoria”, in cui è stato ascoltato il collaboratore di giustizia Giovanni Piana la cui testimonianza però, anche da quanto riferito dallo stesso avvocato della famiglia Romanò, non è stata considerata molto attendibile perchè basata su deduzioni e dichiarazioni fatte a lui da altri camorristi, attualmente detenuti. La difesa ha chiesto di poterli ascoltare in processo per verificare l’attendibilità della testimonianza del  Piana.
Da quest’ultimo, comunque, è stato  ribadito che l'oggetto della vendetta trasversale era il socio di Attilio in quanto parente di Pariante e che dunque l'omicidio è stato un errore, nonché che il mandante è Cosimo Di Lauro. Tale versione è stata confermata da più parti e sembra, al momento, l'unico punto fermo del processo.
Anche in questo caso, si deve fare i conti con una delle criticità tipiche dei processi di mafia: il quadro probatorio, imbastito sulla base di le testimonianze orali e spesso neanche dirette, necessita di essere corroborato da un’attenta valutazione dell’attendibilità delle “dichiarazioni incrociate” e da riscontri oggettivi, a discapito della “durata ragionevole” del processo.
Peraltro, uno dei “confidenti” del Piana non sembra ritenuto molto affidabile avendo dimostrato in passato atteggiamenti ambigui e “doppiogiochisti” e facendo parte di due clan contemporaneamente.
Altro elemento degno di nota è che sono cadute le accuse a carico di Marco Di Lauro, che è uscito dal processo passando di fatto dallo status di latitante a quello di libero cittadino.
Il Pubblico Ministero ha chiesto di poter visionare nel dettaglio le motivazioni della Corte D'assise rispetto a questa decisione.
Prossima udienza fissata  il 23 novembre

Giustizia per Attilio…atto quinto

Il 22 giugno scorso si è svolta la quinta udienza del processo a carico di Mario Buono, Cosimo e Marco Di Lauro per l’omicidio di Attilio.
Mario Buono, presunto esecutore materiale dell’omicidio, è stato trasferito nel carcere di Rebibbia ed è intervenuto all’udienza in videoconferenza.

La testimonianza del collaboratore di giustizia Maurizio Prestieri ha permesso di ricostruire le dinamiche interne ai clan che hanno portato alla faida scissionisti-Di Lauro: dinamiche connotate da efferatezza, spregiudicatezza ed assenza di regole, che portano all’uccisione di persone completamente estranee ai clan. In questo contesto devono essere inquadrati gli omicidi di Attilio e Gelsomina Verde, anche lei vittima innocente di quest’assurda violenza. Il Prestieri ha anche ricostruito l’ascesa al potere di Cosimo Di Lauro, accecato dalla sua ambizione a tal punto da non avere timore reverenziale neanche del padre Paolo. Rispetto all’omicidio di Attilio, il quadro probatorio a suo carico risulta al momento prevalentemente testimoniale
Scioccante la parte di deposizione in cui il collaboratore di giustizia ha raccontato con “disinvoltura” dei suoi venti omicidi: elementi di una quotidianità atroce, intrisa di violenza e disumanizzazione.

Prossima udienza: 19 ottobre. Noi continueremo a testimoniare.

Giustizia per Attilio…atto terzo
Martedì scorso, 5 aprile, si è tenuta la terza udienza del processo a carico di Mario Buono, Cosimo e Marco Di Lauro per l’omicidio di Attilio.
E’ stato ascoltato il collaboratore di giustizia Carlo Capasso, all’epoca dei fatti componente del gruppo di fuoco del clan Di Lauro. Capasso ha fornito particolari utili a ricostruire il tragico scambio di persona che ha portato all’uccisione di Attilio. Ha confermato che l’obiettivo dei killer era Salvatore Luise, nipote del boss scissionista Rosario Pariante. Ma ha anche svelato un “retroscena” inquietante e beffardo: Mario Buono ed il suo “accompagnatore” Enzo Lombardi avevano effettuato un sopralluogo prima del delitto per identificare la vittima, ma poi, al momento dell’esecuzione, Buono non ha verificato che la persona che si trovava nel negozio fosse effettivamente l’ obiettivo designato ed ha sparato ad Attilio. Capasso ha freddamente spiegato l’errore attribuendolo ad “adrenalina da omicidio”.
Sembra tutto così assurdo e paradossale. Tante lacrime versate a causa di una inettitudine grottesca intrecciata ad una cultura di morte. Eppure Attilio vive. Pensate davvero che la sensibilità, l’amore per la vita di Attilio possano essere spente da qualche pallottola e da uno scambio di persona? Neanche per idea!
Tornando all’udienza, i difensori di Cosimo Di Lauro (imputato quale mandante dell’omicidio) hanno chiesto al giudice la revoca del regime carcerario duro secondo l’articolo 41 bis, a causa dell’alterazione delle sue condizioni psichiche, indotta, a loro dire, da uno stato di forte depressione.
Il giudice,dopo aver analizzato la cartella clinica e aver appurato la costante presenza di cure mediche per Di Lauro, ha rigettato la richiesta della difesa.
Prossima udienza fissata al 18 maggio.
Ringraziamo Maria, Rita,  Maurizio e Fabio per il resoconto delle udienze ma soprattutto perché continuano a presenziarle quelle udienze, in un’ostinata, spesso dolorosa, ricerca di Verità e Giustizia, ricordandoci una volta di più che Attilio vive.

Giustizia per Attilio…atto secondo

Mercoledì scorso, 23 febbraio, si è tenuta la seconda udienza del processo a carico di Mario Buono, Cosimo e Marco Di Lauro per l’omicidio, avvenuto il 24 gennaio 2005, di Attilio Romanò.
In aula era presente Mario Buono, mentre Cosimo Di Lauro, detenuto nel carcere di Rebibbia in regime di 41 bis, ha rinunciato al collegamento in videoconferenza. Ricordiamo che il terzo imputato, Marco Di Lauro è attualmente latitante.
Il giudice ha respinto tutte le eccezioni della difesa ed ha ammesso tutti i 10 testimoni dell’accusa, che hanno contribuito a ricostruire la dinamica del delitto.
La prossima udienza è fissata il 5 aprile.
Ringraziamo Fabio Giuliani, referente di Libera Campania e presente all’udienza, per il prezioso resoconto.
Dal canto nostro, noi continuiamo a presidiare e ad accompagnare Natalìa, Rita e Maria nel loro cammino di giustizia.

Giustizia un po’ più vicina per Attilio
Il 24 gennaio 2005 veniva assassinato Attilio Romanò. Oggi si è compiuto un primo passo per restituire verità e giustizia alla sua memoria.  Il pensiero del nostro presidio, dedicato ad Attilio, va alla moglie Natalia e alla mamma Rita: vi abbracciamo forte, forte.
Dal sito www.ilmattino.it:
NAPOLI (23 giugno) – Tre ordinanze di custodia cautelare sono state emesse nei confronti dell’esecutore materiale e dei mandanti dell’omicidio di Attilio Romanò, il gestore di un negozio di telefonia ucciso per errore il 24 gennaio 2005 durante la fase più sanguinosa della faida di Secondigliano, che contrappose il clan Di Lauro a quello dei cosiddetti scissionisti.
I provvedimenti della magistratura sono stati notificati in carcere a Cosimo Di Lauro, figlio di Paolo, il “boss” soprannominato “Ciruzzo ‘o milionario”, ed a Mario Buono, ritenuto l’esecutore del delitto. Una terza ordinanza è stata emessa nei confronti di Marco Di Lauro, un altro dei figli di Paolo, il quale è latitante. I provvedimenti della magistratura sono stati notificati dai carabinieri del Comando Provinciale e del ROS di Napoli. Nel corso di indagini coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia partenopea i carabinieri hanno scoperto che l’omicidio maturò nell’ambito delle vendette trasversali durante lo scontro tra il clan camorristico dei Di Lauro e quello dei cosiddetti ‘scissionistì. Vittima della spedizione di morte avrebbe dovuto essere il cogestore del negozio di telefonia, nipote di un personaggio di spicco dei Di Lauro che era passato con gli ‘scissionistì, ma il killer, Mario Buono, che all’epoca aveva 20 anni, sparò freddamente contro la prima persona che si era trovato di fronte nel negozio, Attilio Romanò, del tutto estraneo alle dinamiche criminali.



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